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Ho l'Abbazia di Sant'Emiliano e San Bartolomeo in Congiuntoli, con Vera, diverse volte: 1989, 1992, 1994 e 2017. L'Abbazia è inserita in un contesto paesaggistico di grandissimo fascino, isolata in mezzo all'Appennino. Si tratta di un'Abbazia TEMPLARE, sia nella struttura architettonica che nei numerosi riferimenti (formelle, lapidi, croci patenti, ...) all'Ordine del Tempio, ai Pauperes commilitones Christi templique Salomonici. Qui nel 2017 abbiamo incontrato un giovane volontario, Alessandro Simonelli, un appassionato ricercatore che ci ha illustrato sia l'Abbazia che la sua storia. Poiché parte dell'Abbazia, quando ci siamo stati, non era accessibile, in questa pagina ho inserito alcune foto tratte dall'eccellente sito de "I Luoghi del Silenzio" del 2015. |
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Abbazia di Sant'Emiliano e San Bartolomeo in Congiuntoli L'Abbazia, una splendida e solenne costruzione romanico-gotica, è stata fondata nel X secolo ai confini del Ducato di Spoleto, sul luogo dove sorgeva un eremo a sua volta edificato su un preesistente luogo sacro pagano. Solo la ricchezza di un Ordine religioso cavalleresco come quello dei TEMPLARI, che aveva una precettorìa proprio nella vicinissima Perticano, poteva far fronte alle ingentissime spese derivanti dalla costruzione del cenobio e della magnificente chiesa dagli altissimi archi a tutto sesto di stile romanico-gotico e d’impronta architettonica cistercense. |
Le linee sobrie ed essenziali di tale tempio cristiano ben si attagliano allo stile spoglio e purissimo che caratterizzò l’architettura sacra prediletta dai Cistercensi e poi dai Templari stessi, con l’angolo retto quale elemento costruttivo di base. E la presenza di una interessantissima croce greca patente, datata all’anno 1286, e murata sopra l’arco a sesto acuto della finestra della navata laterale della chiesa ne sottolinea lo stretto legame. |
L'Abbazia si trova in località Perticano, su uno sperone roccioso alla confluenza tra il fiume Sentino e il torrente Rio Freddo (da qui il termine "Congiuntoli"). È dedicata a Sant'Emiliano (soldato romano della Numidia martirizzato sotto Valeriano) e a San Bartolomeo (apostolo martirizzato in Armenia, scuoiato vivo e decapitato). Con il tempo l’Abbazia acquisì beni e proprietà, grazie ad alcune donazioni, in grado di garantire un certo benessere. La decadenza iniziò, come nel caso dell’Abbazia di Sitria, con la pratica della commenda. Nel 1439 i beni dell’abbazia vennero annessi al Capitolo della Cattedrale di Urbino. Con i saccheggi del 1810 e del 1860, il centro monastico venne spogliato di tutte le proprietà ed entrò in uno stato di abbandono e incuria. |
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Negli anni ‘70 la Soprintendenza ai Monumenti dell’Umbria, acquisitane la proprietà, ne restaura la chiesa, mentre gli ambienti del cenobio rimangono di proprietà privata. La struttura, compatta ed elegante, è costituita dalla chiesa e dagli edifici del monastero. Sulla facciata si eleva una torre con funzioni difensive, mentre vicino alla chiesa si trova quello che doveva essere il primo oratorio dei monaci, che presenta una navata unica, con volta a botte. |
L’interno è reso suggestivo dagli alti soffitti a capriate e dall'ottima acustica ottenuta grazie al rispetto del numero aureo delle dimensioni di una navata rispetto all’altra. Da questo si accede al chiostro dove si conserva un’elegante acquasantiera con archetto trilobato. La chiesa, di impianto romanico ma con elementi che rimandano alle architetture gotiche, internamente si articola in due navate asimmetriche, divise da arcate poggianti su colonne ottagonali. La costruzione della +navata a nord ovest può essere datata fra il 1285 e il 1287, come ricorda un’epigrafe sulla parete esterna della Chiesa. La luce penetra attraverso eleganti monofore e la copertura, ricostruita con i restauri del Settanta, è in travature lignee. Alle pareti si conservano tracce di affreschi in cattivo stato a causa delle intemperie; il grande affresco, situato alle spalle dell’altare maggiore e rimosso nel 1907, si trova ora nella Pinacoteca Civica di Fabriano e riproduce una Madonna in trono con Bambino, S. Emiliano e S. Caterina d’Alessandria. Opera del Maestro di Sant'Emiliano, costituisce un bellissimo esempio di scuola umbro-marchigiana degli inizi del Trecento e dimostra come le novità giottesche siano state assimilate in quest’area anche grazie alla mediazione dei maestri riminesi. (tratto dal sito del comune di Scheggia e Pascelupo) |
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Claudio Maccherani |